Di corsa per battere il tumore al seno                                                dal web



Cosi riuscirete a combattere un tumore purtroppo assai frequente nel mondo occidentale: il carcinoma al seno, che ogni anno in Italia colpisce circa 30.000 rappresentanti del gentil sesso. Ma dal quale, comunque, è possibile guarire!!

L’attività fisica aiuta a tenere lontano il cancro! Ad affermarlo è una recente ricerca condotta presso una famosa Università americana che avrebbe scoperto come un adeguato e costante esercizio fisico e sportivo ridurrebbe il rischio di sviluppare il cancro, tra cui anche il carcinoma mammario, tumore tra i più temuti dalle donne.
Diversi sono gli studi condotti sulla possibile correlazione tra incidenza del cancro mammario con lo sport e tra progressione del cancro mammario e sport. La maggior parte concorda su una significativa riduzione dell’incidenza del tumore al seno, che varia dal 15% al 30%, a seconda dell’età di inizio dell’attività fisica e del numero di ore settimanali ad essa dedicate: pare che per ottenere risultati significativi sarebbe necessario dedicarsi allo sport per non meno di 7 ore settimanali di sport aerobico-anaerobico alternato, 45 minuti di bicicletta o 30 minuti di corsa, a cadenza quasi quotidiana.
Ovviamente tanto è ancora da scoprire in questo campo e diversi sono gli studi in corso che mirano a definire con maggior esattezza e scientificità se l’esercizio fisico possa davvero costituire una reale prevenzione contro il cancro e se possa altresì opporsi alla progressione della malattia. Purtroppo è invece già assodato come il numero dei casi di carcinoma mammario in Europa sia aumentato in modo significativo a partire dagli anni Settanta e questo anche grazie ai cambiamenti di stile di vita nel mondo occidentale, sempre più industrializzato e frenetico.
Comunque, mentre ricercatori e scienziati si accingono attraverso nuove e importanti ricerche a scoprire ed evidenziare le principali relazioni tra cause ed effetti, cosa dovremmo e potremmo fare noi per mantenere il nostro corpo e la nostra mente nel migliore rapporto possibile tra armonia e salute?
Innanzitutto sarebbe bene domandarci se il nostro stile di vita e le nostre abitudini sono sufficientemente sane; se ad esempio dedichiamo abbastanza tempo alla cura del nostro corpo, se lo trattiamo con le dovute attenzioni, se ne “ascoltiamo” necessità ed esigenze, se evitiamo di usarlo in modo improprio senza rispettarne i limiti o le caratteristiche. Infatti siamo soprattutto noi stessi ad avere un ruolo determinante nel mantenere il nostro corpo una “macchina” sempre ben efficiente ed efficace, e praticare lo sport costantemente e adeguatamente significa fare un grosso investimento sulla propria salute.
Lo sport, come è noto, attraverso la gratificazione del corpo e della mente ci migliora anche nella capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici di diversa natura, ci insegna a saper riorganizzare positivamente la nostra vita dinanzi alle difficoltà, a ricostruirci restando sensibili alle opportunità positive del presente e del futuro. Insomma, ci rende più capaci nel fronteggiare efficacemente le contrarietà e nel dare nuovo slancio alla nostra esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.
Dunque lo sport da vivere come educazione del corpo, ma anche come disciplina della mente, per potersi meglio preparare alle competizioni che la vita stessa ci proporrà, ad affrontare avversari sconosciuti e ad avere la forza di vincerli. È questo il caso del famoso ciclista Lance Armstrong che nel 1996 si trovò con la carriera funestata da un cancro ai testicoli con metastasi al cervello e ai polmoni. Due interventi chirurgici e cinque cicli di chemioterapia non gli hanno impedito di continuare la sua carriera che (lasciando perdere le accuse di doping, riguardanti i successi sportivi e non la vita) è stata ancora lunga e vincente.
Ma ancor più mi piace citare quanto scritto nel libro “Lo Zen, la Corsa e l’Arte di Vivere con il Cancro” da Simone Grassi che a 39 anni da podista forte e sano e che aveva appena debuttato nella più nota 100 km su strada d’Italia, quella del ‘Passatore da Firenze a Faenza’, si sveglia ammalato di cancro con una diagnosi infausta, e scrive: “Ma in quel camminare lento nella piazza, aiutato dal bastone e bloccato da un collare, anche una nuova consapevolezza. Sapevo che correre aveva un senso, e non solo per stare in forma. Ebbene sì, la sensazione che ci fosse un motivo non chiaro che mi dava una delle motivazioni per portare avanti questa continua sfida nella corsa, era ora più nitida. I mesi di battaglia contro un ostacolo nuovo e inaspettato li avevo affrontati con la stessa forza di volontà del podista che corre da stanco, con la stessa dedizione di chi prepara una gara lunga con tanti allenamenti sotto la pioggia, al caldo, al freddo, quando stare sul divano sarebbe stato tanto più facile, ma in qualche modo sbagliato. Sapendo che non ci saranno né premi né gloria, lo si fa e basta. E infine con lo stesso sorriso sulle labbra di chi sa che chi ci sta attorno non se ne frega, ci applaude se arriviamo primi o ultimi, ci urla di non mollare perché tutti dobbiamo arrivare in fondo, e poco importa quanto ci metteremo.“
Mi piace poter concludere utilizzando la medesima conclusione che Simone ha tratto in una sua lettera indirizzata agli amanti della corsa: “Podisti correte, siamo dei privilegiati, ci alleniamo per la sfida più ardua, e lo facciamo divertendoci e stando fra amici, che vogliamo di più?”
Già... pensandoci bene, non ci manca niente!
da fonti web